La memoria ritrovata degli uomini di vita a Manfredonia
Sull'associazione non profit di promozione sociale "Cavalieri
d'Onore e Umilta'"
Per le
classi subalterne meridionali i secoli bui non terminarono con la
scomparsa dell'ordinamento feudale e la nascita dello stato moderno.
Continuarono sino al secondo conflitto mondiale.La sicurezza e la tutela
sostanziale dei diritti fu prima assicurata soltanto alle classi
dominanti,nobilta',clero e borghesia.
I piu',non abbienti,ritrovarono autonomamente,in se stessi ed in forme
spontanee associative,spesso segrete,la forza per la tutela della propria
persona a dei propri beni,praticando arti difensive.
L'arte del coltello,come arma d'onore,(cosi' come nella nobilta'era
diffusa la spada)fu quella piu' praticata,assieme a quella del bastone.
Tra le tante societa',operanti nel passato e tuttora,seppur mutata quasi
geneticamente,in tante contrade meridionali v'era e v'è quella degli
Uomini di vita.
Come accade ovunque la storia d'ogni costume popolare,ed anche quella
della societa'degli Uomini di vita,ricerca le sue origini in eventi
lontani che la memoria ha poi mitizzato nella tradizione orale.
Anche a Manfredonia gli anziani riferiscono di valenti Crociati e Cavalieri;di
Conte,Rosso e Fiorellin di Spagna,sbarcati in Calabria,e del loro primo
discepolo Peppino di Montalbano,assieme itineranti nel Mezzogiorno
d'Italia e che fan loro compagno in S.Severo Salvatore Balsamo. Cinque e
non meno di cinque.Cinque e non più di cinque.Sette se si aggiungevano
due "garanti di società".
Si costituiva cosi' una fonte di etica e di valore guerriero che
s'assumeva l'onere di dissetare in tutta riservatezza tanta gente
desiderosa di giustizia, imponendo ai giovano l'etica dell'onore e
dell'umilta', formando atleti dal forte carattere ed insegnando loro
l'antica arte del coltello e del bastone per l'autodifesa, la tutela dei
più deboli e per la sicurezza collettiva.
Alla "fonte d'umiltà" s'accedeva per cooptazione,. Sì come
accadeva in qualsiasi contesto esoterico. Il giudizio di ammissione era
riservato ai già costituiti alla fonte.
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Alcun trascorso disonorevole doveva
risultare a carico dell'aspirante o della sua famiglia d'origine.
L'ingresso avveniva con giuramento di fiducia nei compagni, e nel capo in
testa o, più correttamente, "chepntest" o "chepndrii"
(lemma dialettale composito che ha le stesse radici del latino - caput
-is e del greco aner-andros, cioè comandante di uomini).
L'aspirante quindi veniva edotto sulle regole di vita per comportamenti
fondati sull'onore e sulla paziente tolleranza; educato a gestire la
paura per sostenere con coraggio, in lucidità, ogni situazione;
rigorosamente preparato nell'attività ginnica; istruito nella difesa a
mani nude, con il bastone e con il coltello "chiuso" (o
"fusto", quasi minimanganello).
Conseguita la sua formazione veniva associato; poteva così passare anche
a servire la comunità cittadina, partecipando a ronde che vigilavano
sulla privata e pubblica sicurezza contro gli "indegni" d'ogni
risma; alla conciliazione di liti personali e familiari; ed alla difesa
dei deboli e degli inermi.
Erano i tempi in cui nella sperduta periferia meridionale l'assenza dello
Stato era endemica.
Ultimo campione di quella "fonte" che la memoria locale
conserva fu Matteo "Ntrlingh".
Oltre cent'anni addietro quegli apprese l'arte del bastone da un vecchio
pastore che la praticava con modestia esemplare.
Costretto ad emigrare in Buenos Aires, ove quell'arte veniva praticata in
pubblici tornei, conseguì il titolo di campione argentino che conservò a
lungo ed a cui poi rinunciò per il ritorno in patria e l'acquisto con il
relativo corrispettivo d'una modesta abitazione.
Rientrato a Manfredonia alla sua scuola forgiò nell'arte i locali; pochi
in verità che ancora la praticano e la custodiscono gelosamente, intatta
nello spirito, seppur modellata alla contemporaneità nel rispetto del
vigente ordinamento giuridico.
La scuola di coltello rappresentava, nei tempi antichi, l'inizio
dell'addestramento, nel quale si usavano anche coltelli di legno per ovvi
motivi di sicurezza.
Dopo un'idonea preventiva preparazione atletica si apprendevano le cinque
forme chiamate rispettivamente la "libera" la "mezza
chiusa" e la "chiusa", a "tagliare" lo
"specchio" e la "galeotta" (o "giro stretto").
Ogni forma comportava un insieme di tecniche, mischiate fra loro secondo
le necessità dettate dal combattimento.
L'arma preferita era il coltello cosiddetto "a viso lungo",
cioè con lama tipo scimitarra. Un'altra arma da loro usata era il rasoio,
che generalmente si impugnava anche per sfregiare la propria donna per
tradimento d'amore: lo sfregio in questo caso doveva essere fatto al viso
in modo che tutti potessero vederlo e segnalare la fedifraga alla
pubblica condanna. Lo stesso trattamento era riservato agli infami o agli
uomini che erano venuti meno al loro giuramento alla fonte.
Il duello mortale avveniva come già detto solo quando si doveva difendere
l'onore della propria famiglia o la vita propria o dei propri cari. Oggi
tutto questo è scomparso, rifiutato dalla coscienza collettiva e allo
stato di diritto; ovviamente l'arma è simulata e l'arte viene impartita
per finalità ginniche e pedagogiche.
Arte subordinata era l'arte del bastone che prevede 16 movimenti di base.
Una volta diventati padroni delle tecniche si iniziava la
"catena", un lavoro a coppie su attacchi di gambe ed assalti
frontali.
Dopo aver sviluppato la catena, iniziava lo scontro vero e proprio, con
le opportune astuzie.
Sia con i presunti usi del coltello che del bastone, ci sono due modi di
combattere: a "tempo di scuola", nel quale ci sono delle regole
da rispettare, e a "chi più ne sa", dove ognuno è libero di
agire a sua scelta.
Un saluto di sfida avviava ed avvia la tenzone.
Poi v'è anche l'utilizzo "manichetta"; un finto coltello dalla
forma simile alla roncola contadina (quella grande), che prevede anche
l'impiego di un foulard di stoffa rossa legato al polso opposto al
braccio armato ed usato a mò di frusta, generalmente orientato verso gli
occhi dell'avversario: è una tecnica che pretende una grande preparazione
atletica con cui si diparte da posizioni molto basse, seguite da
improvvisi, imprevedibili e lunghi slanci mirati a raggiungere
l'avversario inaspettatamente.
V'è altresì un'altra forma dell'arte del bastone che fa invece uso di un
sistema a due bastoni corti (65 cm. per 2-3 cm. di diametro).
Tale forma sintetizza le scomparse tecniche del coltello a viso lungo,
della manichetta e del bastone.
Orbene l'associazione non profit "Cavalieri d'Onore ed Umiltà"
ritiene di poter recuperare della ricordata società e delle tecniche da
essa praticate ciò che di valido e di attuale è stato dalla staessa
tramandato, depurato di quanto di distorto, e talvolta infamante per
colpa di malavitosi, l'hanno potuta macchiare.
Un recupero nell'ambito del vigente ordinamento che vede resi anche solo
in estrema condizione di necessità la legittima difesa nel responsabile
autocontrollo e corretta valutazione della proporzionalità dei mezzi
rispetto ai fini; per la consapevole rimessione allo Stato della tutela
dei diritti in una cultura di non violenza e conciliativa; per l'umile
tolleranza nel civile confronto; per la preparazione dei giovani
nell'etica dell'onore e nell'esercizio simulato delle arti richiamate
anche in pubblici tornei o spettacoli ludici.
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